Ottofinestre
Close
Menu
Close


Fuoco Fuori Fuoco
Fuoco Fuori Fuoco
Fuoco Fuori Fuoco
Fuoco Fuori Fuoco, mostra di Lorenzo Pingitore e Alessandro Vasapolli, in realtà due narrazioni deliberatamente dissimili, ha la caratteristica di evocare un surplus di significati e riflessioni. Pingitore presenta immagini che immortalano ogni volta una grande sfera, dal diametro di 4.5 metri, immersa in ambienti e architetture sempre diversi, in luoghi noti e meno noti dell’Italia, nei quali ha documentato diverse categorie di paesaggio: dall’archeologico all’industriale, dal culturale al naturale, ma sempre realtà riferibili alla presenza della sfera e conseguentemente ad un originale intuizione dello spazio. Secondo la tradizione ermetica la sfera è simbolo del cosmo e della creazione manifesta, corpo a simmetria spaziale perfetta. Gli antichi Greci la consideravano divina, una forma di sacralità. Senofonte sostituì gli dei del vecchio Olimpo con una singola divinità sferica. Essa ha la superficie più piccola a parità di volume rispetto agli altri solidi. Ecco che in Pingitore, architetto e fotografo, ogni paesaggio instaura una relazione dialogica con il solido, esaltando la capacità dello stesso di alterare la percezione dell’ambiente. Questi soggetti, seppur immobili, creano in ogni fotografia un unico insieme dinamico, ma al contempo ipnotico, come magato, che strega l’occhio dell’osservatore. L’autore sembra suggerire che complessità e cambiamenti del mondo fisico sono illusori, mentre afferma l’unicità e l’immutabilità dell’Essere, la sfera. L’uomo trasforma i luoghi con la sua presenza e non viceversa. La natura umana resta ferma, statica come la sfera, un’universo di costruzione unitaria e perfetta. Attorno alla sfera è apparso un arcobaleno letterario, filosofico e psicologico, ispirando molteplici letture. Essa è qualcosa di visivamente perfetto ma anche comprensibile matematicamente, governato da proporzioni ferree e chiare, mentre la natura o un ambiente architettonico, dedali di infiniti rapporti matematici e geometrici, è un troppo, un immensurabile che sembra travasare in un apparente caos. La sfera è lì collocata per poterci spronare ad una lettura geometrica-matematica del cosmo? Esperire una diversa percezione? Un invito ad una visione platonica di una realtà costituita da poliedri ? Giungere ad una fantasia sensibile esatta ? L’arte fotografica di Vasapolli nasce da quella particolare fascinazione che chiamiamo “bello”! Ma non è estetizzazione superficiale. Astrae, potenzia, armonizza colori e forme, crea un ritmo, coordina energia e struttura e da loro quel carattere universale che chiamiamo “equilibrio”: una correlazione di forze tra percezione sensoriale e significati. La ricerca dell’autore unisce arte e riflessione, immaginazione e realtà, spazi e corpi, in un tentativo di dare espressione e corpo visivo a un qualcosa di misterioso che sfugge alla parola. Le sue immagini, parti visibili e parziali di una realtà invisibile e immensa, diventano espressioni di una forza poetica sussurrata attraverso leggerezza di forme e soavità dei colori. Le atmosfere sono indefinite quasi un luogo iniziatico. Le figure emergono da uno sfondo che pare infinito. Sfondi che lo stesso Vasapolli dipinge su grandi tele. Arte come proiezione dell’anima: immagini materiche di sentimenti, solitudine, infinito. L’ autore sviluppa negli anni una sua personale e peculiare tecnica fotografica: crea un algoritmo il quale fa si che i colori originali dello scatto siano radicalmente diversi da quelli che percepiamo nella realtà, senza intervenire in modo artificiale sulla foto in post-produzione, e sviluppa dei filtri ottici dagli effetti particolari. Fotografa una realtà diversa da come ci appare. Per noi i sensi sono una guida, una finestra sulla realtà che ci circonda, della quale cogliamo solo una dimensione, fra le tante. L’idea che le percezioni siano fuorvianti rispetto alla realtà oggettiva nasce già nei tempi antichi quando alcuni filosofi affermavano che le nostre percezioni sono solo convenzioni. La tecnica di Vasapolli è una specie di senso maggiorato, un ulteriore struttura appaiata a quella dei nostri sensi e che opera all’unisono. Essendo un processo particolare di mediazione fra il fenomeno e la presa di coscienza di quel fenomeno, crea un effetto “psichedelico” sulla visione. Vasapolli discute attraverso la modalità del suo lavoro il rapporto tra percezione e realtà. Ecco dunque un linguaggio matematico che si trasforma in opera d’arte dove si sono incontrati e a loro modo uniti, cuore e ragione. Ogni opera è frutto di un complesso lavoro tecnico elettronico e artigianale, un sapere poliedrico e trasversale. Vasapolli unisce una solida tecnica alla capacità di trovare una sintesi estrema, e operando contemporaneamente come fotografo, scenografo, costumista , va oltre un lavoro strettamente legato a specifiche aree di competenza. Anche se apparentemente distanti le opere di Vasapolli e Pingitore vengono a collidere: una realtà che è per sua natura indefinibile, una ricerca destinata a fallire di continuo, costringendoci ad un costante monitoraggio del contesto dell’esistenza stessa, sempre in continuo, potenziale sviluppo e potenziale rinascita. Ciò che percepiamo non è la realtà, ma cò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. La selezione naturale ha favorito una percezione che ha avuto l’obiettivo di guidarci verso azioni utili, modellando i nostri sensi, non per conoscere le cose come sono ma per poterci tenere in vita e riprodurci. Gli oggetti che vediamo ogni giorno sono come delle semplici icone, che ci consentono di muoverci nel mondo con sicurezza e facilità, ma non ci dicono nulla su cosa ci sia davvero là fuori. I nostri occhi ci salvano la vita? Ma lo fanno mostrandoci la verità o nascondendola? Pingitore e Vasapolli ci suggeriscono di ripensare le nostre certezza sulla nostra capacità di vedere, e soprattutto a riconoscere che ciò che chiamiamo realtà è forse la più sofisticata ed evolutiva delle illusioni. Dalla narrazione dei due autori si ricava un’altalena dello sguardo, si cedono le parti con gentilezza e forte espressività. E’ una dialettica artistica che si sfiora in modo pervasivo. In ambedue aleggia il mistero, non c’è soluzione, solo il piacere della riflessione. Come due specchi uno convesso e l’altro concavo rispecchiano il mistero di esistere. Per entrambi la fotografia diventa un esercizio anche di riflessione, un modo diverso ma non autoritario di percepire il mondo in una delle sue molteplici modalità.
Fuoco Fuori Fuoco, mostra di Lorenzo Pingitore e Alessandro Vasapolli, in realtà due narrazioni deliberatamente dissimili, ha la caratteristica di evocare un surplus di significati e riflessioni. Pingitore presenta immagini che immortalano ogni volta una grande sfera, dal diametro di 4.5 metri, immersa in ambienti e architetture sempre diversi, in luoghi noti e meno noti dell’Italia, nei quali ha documentato diverse categorie di paesaggio: dall’archeologico all’industriale, dal culturale al naturale, ma sempre realtà riferibili alla presenza della sfera e conseguentemente ad un originale intuizione dello spazio. Secondo la tradizione ermetica la sfera è simbolo del cosmo e della creazione manifesta, corpo a simmetria spaziale perfetta. Gli antichi Greci la consideravano divina, una forma di sacralità. Senofonte sostituì gli dei del vecchio Olimpo con una singola divinità sferica. Essa ha la superficie più piccola a parità di volume rispetto agli altri solidi. Ecco che in Pingitore, architetto e fotografo, ogni paesaggio instaura una relazione dialogica con il solido, esaltando la capacità dello stesso di alterare la percezione dell’ambiente. Questi soggetti, seppur immobili, creano in ogni fotografia un unico insieme dinamico, ma al contempo ipnotico, come magato, che strega l’occhio dell’osservatore. L’autore sembra suggerire che complessità e cambiamenti del mondo fisico sono illusori, mentre afferma l’unicità e l’immutabilità dell’Essere, la sfera. L’uomo trasforma i luoghi con la sua presenza e non viceversa. La natura umana resta ferma, statica come la sfera, un’universo di costruzione unitaria e perfetta. Attorno alla sfera è apparso un arcobaleno letterario, filosofico e psicologico, ispirando molteplici letture. Essa è qualcosa di visivamente perfetto ma anche comprensibile matematicamente, governato da proporzioni ferree e chiare, mentre la natura o un ambiente architettonico, dedali di infiniti rapporti matematici e geometrici, è un troppo, un immensurabile che sembra travasare in un apparente caos. La sfera è lì collocata per poterci spronare ad una lettura geometrica-matematica del cosmo? Esperire una diversa percezione? Un invito ad una visione platonica di una realtà costituita da poliedri ? Giungere ad una fantasia sensibile esatta ? L’arte fotografica di Vasapolli nasce da quella particolare fascinazione che chiamiamo “bello”! Ma non è estetizzazione superficiale. Astrae, potenzia, armonizza colori e forme, crea un ritmo, coordina energia e struttura e da loro quel carattere universale che chiamiamo “equilibrio”: una correlazione di forze tra percezione sensoriale e significati. La ricerca dell’autore unisce arte e riflessione, immaginazione e realtà, spazi e corpi, in un tentativo di dare espressione e corpo visivo a un qualcosa di misterioso che sfugge alla parola. Le sue immagini, parti visibili e parziali di una realtà invisibile e immensa, diventano espressioni di una forza poetica sussurrata attraverso leggerezza di forme e soavità dei colori. Le atmosfere sono indefinite quasi un luogo iniziatico. Le figure emergono da uno sfondo che pare infinito. Sfondi che lo stesso Vasapolli dipinge su grandi tele. Arte come proiezione dell’anima: immagini materiche di sentimenti, solitudine, infinito. L’ autore sviluppa negli anni una sua personale e peculiare tecnica fotografica: crea un algoritmo il quale fa si che i colori originali dello scatto siano radicalmente diversi da quelli che percepiamo nella realtà, senza intervenire in modo artificiale sulla foto in post-produzione, e sviluppa dei filtri ottici dagli effetti particolari. Fotografa una realtà diversa da come ci appare. Per noi i sensi sono una guida, una finestra sulla realtà che ci circonda, della quale cogliamo solo una dimensione, fra le tante. L’idea che le percezioni siano fuorvianti rispetto alla realtà oggettiva nasce già nei tempi antichi quando alcuni filosofi affermavano che le nostre percezioni sono solo convenzioni. La tecnica di Vasapolli è una specie di senso maggiorato, un ulteriore struttura appaiata a quella dei nostri sensi e che opera all’unisono. Essendo un processo particolare di mediazione fra il fenomeno e la presa di coscienza di quel fenomeno, crea un effetto “psichedelico” sulla visione. Vasapolli discute attraverso la modalità del suo lavoro il rapporto tra percezione e realtà. Ecco dunque un linguaggio matematico che si trasforma in opera d’arte dove si sono incontrati e a loro modo uniti, cuore e ragione. Ogni opera è frutto di un complesso lavoro tecnico elettronico e artigianale, un sapere poliedrico e trasversale. Vasapolli unisce una solida tecnica alla capacità di trovare una sintesi estrema, e operando contemporaneamente come fotografo, scenografo, costumista , va oltre un lavoro strettamente legato a specifiche aree di competenza. Anche se apparentemente distanti le opere di Vasapolli e Pingitore vengono a collidere: una realtà che è per sua natura indefinibile, una ricerca destinata a fallire di continuo, costringendoci ad un costante monitoraggio del contesto dell’esistenza stessa, sempre in continuo, potenziale sviluppo e potenziale rinascita. Ciò che percepiamo non è la realtà, ma cò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. La selezione naturale ha favorito una percezione che ha avuto l’obiettivo di guidarci verso azioni utili, modellando i nostri sensi, non per conoscere le cose come sono ma per poterci tenere in vita e riprodurci. Gli oggetti che vediamo ogni giorno sono come delle semplici icone, che ci consentono di muoverci nel mondo con sicurezza e facilità, ma non ci dicono nulla su cosa ci sia davvero là fuori. I nostri occhi ci salvano la vita? Ma lo fanno mostrandoci la verità o nascondendola? Pingitore e Vasapolli ci suggeriscono di ripensare le nostre certezza sulla nostra capacità di vedere, e soprattutto a riconoscere che ciò che chiamiamo realtà è forse la più sofisticata ed evolutiva delle illusioni. Dalla narrazione dei due autori si ricava un’altalena dello sguardo, si cedono le parti con gentilezza e forte espressività. E’ una dialettica artistica che si sfiora in modo pervasivo. In ambedue aleggia il mistero, non c’è soluzione, solo il piacere della riflessione. Come due specchi uno convesso e l’altro concavo rispecchiano il mistero di esistere. Per entrambi la fotografia diventa un esercizio anche di riflessione, un modo diverso ma non autoritario di percepire il mondo in una delle sue molteplici modalità.
Fuoco Fuori Fuoco, an exhibition by Lorenzo Pingitore and Alessandro Vasapolli, actually consists of two deliberately different narratives, and is characterized by evoking a surplus of meanings and reflections. Pingitore presents images that each capture a large sphere, with a diameter of 4.5 meters, immersed in various environments and architectures, both well-known and lesser-known locations in Italy, where he has documented different categories of landscape: from archaeological to industrial, from cultural to natural, yet always referring to the presence of the sphere and consequently to an original intuition of space. According to Hermetic tradition, the sphere is a symbol of the cosmos and manifest creation, a body with perfect spatial symmetry. The ancient Greeks considered it divine, a form of sacredness. Xenophon replaced the gods of the old Olympus with a single spherical deity. It has the smallest surface area for a given volume compared to other solids. Thus, in Pingitore’s work, as an architect and photographer, each landscape establishes a dialogical relationship with the solid, highlighting its ability to alter the perception of the environment. These subjects, though static, create a dynamic, yet hypnotic, unity in each photograph, as though enchanted, captivating the observer's eye. The author seems to suggest that the complexities and changes of the physical world are illusory, while affirming the uniqueness and immutability of Being, the sphere. Man transforms places with his presence, not vice versa. Human nature remains still, static like the sphere, a universe of unitary and perfect construction. Around the sphere, a literary, philosophical, and psychological rainbow has appeared, inspiring multiple readings. It is something visually perfect but also mathematically comprehensible, governed by strict and clear proportions, whereas nature or an architectural environment, a labyrinth of infinite mathematical and geometric relationships, is too much, an immeasurable mass that seems to spill over into apparent chaos. Is the sphere placed there to encourage us towards a geometric-mathematical reading of the cosmos? To experience a different perception? An invitation to a Platonic view of reality, composed of polyhedra? To reach an exact sensitive fantasy? Vasapolli’s photographic art stems from that particular fascination we call “beauty”! But it is not superficial aestheticization. He abstracts, enhances, harmonizes colors and shapes, creates rhythm, coordinates energy and structure, and from them derives that universal quality we call “balance”: a correlation of forces between sensory perception and meanings. The author’s research combines art and reflection, imagination and reality, spaces and bodies, in an attempt to give expression and a visual form to something mysterious that eludes words. His images, visible and partial parts of an invisible and vast reality, become expressions of a poetic force whispered through the lightness of forms and the sweetness of colors. The atmospheres are indefinite, almost like an initiatory place. Figures emerge from a background that seems infinite, backgrounds that Vasapolli himself paints on large canvases. Art as projection of the soul: material images of feelings, solitude, infinity. Over the years, the author has developed his own personal and peculiar photographic technique: he creates an algorithm that ensures the original colors of the shot are radically different from those we perceive in reality, without artificially intervening on the photo in post-production, and develops optical filters with special effects. He photographs a reality different from how it appears to us. For us, the senses are a guide, a window on the reality that surrounds us, of which we perceive only one dimension among many. The idea that perceptions are misleading in relation to objective reality dates back to ancient times, when some philosophers claimed that our perceptions are merely conventions. Vasapolli's technique is a kind of enhanced sense, an additional structure paired with our own senses that works in unison. Being a particular process of mediation between the phenomenon and the awareness of that phenomenon, it creates a "psychedelic" effect on vision. Vasapolli discusses, through his work, the relationship between perception and reality. Thus, a mathematical language transforms into a work of art, where heart and reason have met and united in their own way. Each work is the result of a complex technical, electronic, and artisanal process, a polyhedral and cross-disciplinary knowledge. Vasapolli combines solid technique with the ability to find an extreme synthesis, and working simultaneously as a photographer, set designer, costume designer, he goes beyond work strictly linked to specific areas of expertise. Though seemingly distant, the works of Vasapolli and Pingitore collide: a reality that is, by nature, indefinable, a search destined to fail continuously, forcing us into a constant monitoring of the context of existence itself, always in potential, continuous development and potential rebirth. What we perceive is not reality, but what we need to survive. Natural selection has favored a perception aimed at guiding us toward useful actions, shaping our senses, not to know things as they are, but to keep us alive and reproduce. The objects we see every day are like simple icons, allowing us to move confidently and easily through the world, but they tell us nothing about what is really out there. Do our eyes save our lives? But do they show us the truth or hide it? Pingitore and Vasapolli suggest that we reconsider our certainty in our ability to see, and above all, to recognize that what we call reality is perhaps the most sophisticated and evolved of illusions. From the narration of the two authors, a swing of the gaze emerges; the parts yield gently with strong expressiveness. It is an artistic dialectic that touches pervasively. In both, mystery hovers, there is no solution, only the pleasure of reflection. Like two mirrors, one convex and the other concave, reflecting the mystery of existence. For both, photography becomes an exercise of reflection, a different but non-authoritarian way of perceiving the world in one of its many modalities.
Fuoco Fuori Fuoco, an exhibition by Lorenzo Pingitore and Alessandro Vasapolli, actually consists of two deliberately different narratives, and is characterized by evoking a surplus of meanings and reflections. Pingitore presents images that each capture a large sphere, with a diameter of 4.5 meters, immersed in various environments and architectures, both well-known and lesser-known locations in Italy, where he has documented different categories of landscape: from archaeological to industrial, from cultural to natural, yet always referring to the presence of the sphere and consequently to an original intuition of space. According to Hermetic tradition, the sphere is a symbol of the cosmos and manifest creation, a body with perfect spatial symmetry. The ancient Greeks considered it divine, a form of sacredness. Xenophon replaced the gods of the old Olympus with a single spherical deity. It has the smallest surface area for a given volume compared to other solids. Thus, in Pingitore’s work, as an architect and photographer, each landscape establishes a dialogical relationship with the solid, highlighting its ability to alter the perception of the environment. These subjects, though static, create a dynamic, yet hypnotic, unity in each photograph, as though enchanted, captivating the observer's eye. The author seems to suggest that the complexities and changes of the physical world are illusory, while affirming the uniqueness and immutability of Being, the sphere. Man transforms places with his presence, not vice versa. Human nature remains still, static like the sphere, a universe of unitary and perfect construction. Around the sphere, a literary, philosophical, and psychological rainbow has appeared, inspiring multiple readings. It is something visually perfect but also mathematically comprehensible, governed by strict and clear proportions, whereas nature or an architectural environment, a labyrinth of infinite mathematical and geometric relationships, is too much, an immeasurable mass that seems to spill over into apparent chaos. Is the sphere placed there to encourage us towards a geometric-mathematical reading of the cosmos? To experience a different perception? An invitation to a Platonic view of reality, composed of polyhedra? To reach an exact sensitive fantasy? Vasapolli’s photographic art stems from that particular fascination we call “beauty”! But it is not superficial aestheticization. He abstracts, enhances, harmonizes colors and shapes, creates rhythm, coordinates energy and structure, and from them derives that universal quality we call “balance”: a correlation of forces between sensory perception and meanings. The author’s research combines art and reflection, imagination and reality, spaces and bodies, in an attempt to give expression and a visual form to something mysterious that eludes words. His images, visible and partial parts of an invisible and vast reality, become expressions of a poetic force whispered through the lightness of forms and the sweetness of colors. The atmospheres are indefinite, almost like an initiatory place. Figures emerge from a background that seems infinite, backgrounds that Vasapolli himself paints on large canvases. Art as projection of the soul: material images of feelings, solitude, infinity. Over the years, the author has developed his own personal and peculiar photographic technique: he creates an algorithm that ensures the original colors of the shot are radically different from those we perceive in reality, without artificially intervening on the photo in post-production, and develops optical filters with special effects. He photographs a reality different from how it appears to us. For us, the senses are a guide, a window on the reality that surrounds us, of which we perceive only one dimension among many. The idea that perceptions are misleading in relation to objective reality dates back to ancient times, when some philosophers claimed that our perceptions are merely conventions. Vasapolli's technique is a kind of enhanced sense, an additional structure paired with our own senses that works in unison. Being a particular process of mediation between the phenomenon and the awareness of that phenomenon, it creates a "psychedelic" effect on vision. Vasapolli discusses, through his work, the relationship between perception and reality. Thus, a mathematical language transforms into a work of art, where heart and reason have met and united in their own way. Each work is the result of a complex technical, electronic, and artisanal process, a polyhedral and cross-disciplinary knowledge. Vasapolli combines solid technique with the ability to find an extreme synthesis, and working simultaneously as a photographer, set designer, costume designer, he goes beyond work strictly linked to specific areas of expertise. Though seemingly distant, the works of Vasapolli and Pingitore collide: a reality that is, by nature, indefinable, a search destined to fail continuously, forcing us into a constant monitoring of the context of existence itself, always in potential, continuous development and potential rebirth. What we perceive is not reality, but what we need to survive. Natural selection has favored a perception aimed at guiding us toward useful actions, shaping our senses, not to know things as they are, but to keep us alive and reproduce. The objects we see every day are like simple icons, allowing us to move confidently and easily through the world, but they tell us nothing about what is really out there. Do our eyes save our lives? But do they show us the truth or hide it? Pingitore and Vasapolli suggest that we reconsider our certainty in our ability to see, and above all, to recognize that what we call reality is perhaps the most sophisticated and evolved of illusions. From the narration of the two authors, a swing of the gaze emerges; the parts yield gently with strong expressiveness. It is an artistic dialectic that touches pervasively. In both, mystery hovers, there is no solution, only the pleasure of reflection. Like two mirrors, one convex and the other concave, reflecting the mystery of existence. For both, photography becomes an exercise of reflection, a different but non-authoritarian way of perceiving the world in one of its many modalities.
SELECTED ARTWORK




"Serpentina"
"Early Works"
Alessandro Vasapolli
2017




"Psidiums"
"Early Works"
Alessandro Vasapolli
2017




Okenia
“DéVoilées”
Alessandro Vasapolli
2016




"Simnia"
“DéVoilées”
Alessandro Vasapolli
2016
INSTALLATION VIEW















