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Senza Terra
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La mostra accoglie i lavori di Carola Allemandi e Davies Zambotti, due fotografe che si misurano in quest’occasione con il tema del paesaggio. Carola Allemandi decide di esporre Notturni (2018-2019), suo primo lavoro di ricerca con cui indaga il paesaggio urbano, quasi totalmente assorbito da una densa oscurità. Lo sguardo della fotografa isola alcuni particolari – i lampioni di un viale cittadino, un fazzoletto di prato erboso, una balaustra in pietra – che diventano così riferimenti essenziali, fari nella notte per potersi orientare negli abissi della sua interiorità. In questi scatti, i paesaggi di Allemandi non sono documentazione di ciò che il suo occhio incontra nel cammino dell’esistenza, quanto metafora di un’esplorazione interiore, di una ricerca intima del sé. Davies Zambotti propone invece all’osservatore la sua serie Atlante (2022-in corso), un’indagine naturalistica sul paesaggio in cui tenta di andare oltre gli strumenti canonici della fotografia, alla ricerca di un’incorporea certezza umana. Con i suoi scatti, l’artista ritrae scenari naturali che, nella perdita apparente della loro immobilità, subiscono come una metamorfosi: le distese dei campi si trasformano in disomogenee campiture di colore, mentre i rami degli alberi in puri segni grafici. Nelle sue opere, Zambotti ingentilisce i contorni delle cose, li sfalda, quasi come se – memore della sua formazione pittorica – i pastelli colorati avessero sostituito la macchina fotografica. Per quanto compiano scelte cromatiche differenti – Allemandi preferisce il bianco e nero, Zambotti il colore –, entrambe le autrici stampano le loro fotografie digitali su carta cotone. Si tratta di un supporto che, nel caso di Allemandi, assorbe la luce, negando qualsiasi riflesso e concedendo maggiore sovranità alle tenebre; nel caso di Zambotti, invece, diventa – con la sua morbida texture – parte integrante della fotografia, dando vita a un’opera che volge lo sguardo anche ad altre tecniche artistiche. In entrambi i casi si tratta di una riflessione tutta nuova sul paesaggio circostante: attraverso l’uso del nero, Allemandi racconta di un paesaggio che si astrae e che perde il contatto col suolo; alla stessa maniera, Zambotti, servendosi della sfocatura e del mosso, rende indefiniti i contorni della realtà, accogliendo il visitatore in un “mondo altro”. Si viene così a definire un paesaggio senza punti di riferimento, un luogo non reale quanto mentale, senza terra.
La mostra accoglie i lavori di Carola Allemandi e Davies Zambotti, due fotografe che si misurano in quest’occasione con il tema del paesaggio. Carola Allemandi decide di esporre Notturni (2018-2019), suo primo lavoro di ricerca con cui indaga il paesaggio urbano, quasi totalmente assorbito da una densa oscurità. Lo sguardo della fotografa isola alcuni particolari – i lampioni di un viale cittadino, un fazzoletto di prato erboso, una balaustra in pietra – che diventano così riferimenti essenziali, fari nella notte per potersi orientare negli abissi della sua interiorità. In questi scatti, i paesaggi di Allemandi non sono documentazione di ciò che il suo occhio incontra nel cammino dell’esistenza, quanto metafora di un’esplorazione interiore, di una ricerca intima del sé. Davies Zambotti propone invece all’osservatore la sua serie Atlante (2022-in corso), un’indagine naturalistica sul paesaggio in cui tenta di andare oltre gli strumenti canonici della fotografia, alla ricerca di un’incorporea certezza umana. Con i suoi scatti, l’artista ritrae scenari naturali che, nella perdita apparente della loro immobilità, subiscono come una metamorfosi: le distese dei campi si trasformano in disomogenee campiture di colore, mentre i rami degli alberi in puri segni grafici. Nelle sue opere, Zambotti ingentilisce i contorni delle cose, li sfalda, quasi come se – memore della sua formazione pittorica – i pastelli colorati avessero sostituito la macchina fotografica. Per quanto compiano scelte cromatiche differenti – Allemandi preferisce il bianco e nero, Zambotti il colore –, entrambe le autrici stampano le loro fotografie digitali su carta cotone. Si tratta di un supporto che, nel caso di Allemandi, assorbe la luce, negando qualsiasi riflesso e concedendo maggiore sovranità alle tenebre; nel caso di Zambotti, invece, diventa – con la sua morbida texture – parte integrante della fotografia, dando vita a un’opera che volge lo sguardo anche ad altre tecniche artistiche. In entrambi i casi si tratta di una riflessione tutta nuova sul paesaggio circostante: attraverso l’uso del nero, Allemandi racconta di un paesaggio che si astrae e che perde il contatto col suolo; alla stessa maniera, Zambotti, servendosi della sfocatura e del mosso, rende indefiniti i contorni della realtà, accogliendo il visitatore in un “mondo altro”. Si viene così a definire un paesaggio senza punti di riferimento, un luogo non reale quanto mentale, senza terra.
The exhibition welcomes the works of Carola Allemandi and Davies Zambotti, two photographers who, on this occasion, engage with the theme of landscape. Carola Allemandi presents Notturni (2018-2019), her first research project in which she explores the urban landscape, almost entirely enveloped in dense darkness. The photographer’s gaze isolates certain details – the streetlights of a city avenue, a patch of grassy lawn, a stone balustrade – which become essential references, beacons in the night to navigate the depths of her inner self. In these shots, Allemandi’s landscapes are not mere documentation of what her eye encounters along life’s journey, but rather metaphors for an inner exploration, an intimate search for the self. Davies Zambotti, on the other hand, offers viewers her series Atlante (2022-ongoing), a naturalistic investigation of the landscape in which she seeks to go beyond the canonical tools of photography in pursuit of an incorporeal human certainty. Through her shots, the artist captures natural scenes that, in the apparent loss of their stillness, undergo a metamorphosis: fields become uneven expanses of color, while tree branches transform into pure graphic lines. In her works, Zambotti softens and dissolves the contours of objects, almost as if – recalling her background in painting – colored pastels had replaced the camera. Although they make different chromatic choices – Allemandi favoring black and white, Zambotti color – both artists print their digital photographs on cotton paper. This medium, in Allemandi’s case, absorbs light, negating any reflection and granting greater dominance to darkness; in Zambotti’s case, it becomes – with its soft texture – an integral part of the photograph, giving life to a work that also draws upon other artistic techniques. In both cases, this represents an entirely new reflection on the surrounding landscape: through the use of black, Allemandi portrays a landscape that becomes abstract and loses contact with the ground; similarly, Zambotti, employing blur and motion, renders the contours of reality indefinite, welcoming the visitor into an "other world." Thus, a landscape without reference points is defined, a place that is not as much real as it is mental, without land.
The exhibition welcomes the works of Carola Allemandi and Davies Zambotti, two photographers who, on this occasion, engage with the theme of landscape. Carola Allemandi presents Notturni (2018-2019), her first research project in which she explores the urban landscape, almost entirely enveloped in dense darkness. The photographer’s gaze isolates certain details – the streetlights of a city avenue, a patch of grassy lawn, a stone balustrade – which become essential references, beacons in the night to navigate the depths of her inner self. In these shots, Allemandi’s landscapes are not mere documentation of what her eye encounters along life’s journey, but rather metaphors for an inner exploration, an intimate search for the self. Davies Zambotti, on the other hand, offers viewers her series Atlante (2022-ongoing), a naturalistic investigation of the landscape in which she seeks to go beyond the canonical tools of photography in pursuit of an incorporeal human certainty. Through her shots, the artist captures natural scenes that, in the apparent loss of their stillness, undergo a metamorphosis: fields become uneven expanses of color, while tree branches transform into pure graphic lines. In her works, Zambotti softens and dissolves the contours of objects, almost as if – recalling her background in painting – colored pastels had replaced the camera. Although they make different chromatic choices – Allemandi favoring black and white, Zambotti color – both artists print their digital photographs on cotton paper. This medium, in Allemandi’s case, absorbs light, negating any reflection and granting greater dominance to darkness; in Zambotti’s case, it becomes – with its soft texture – an integral part of the photograph, giving life to a work that also draws upon other artistic techniques. In both cases, this represents an entirely new reflection on the surrounding landscape: through the use of black, Allemandi portrays a landscape that becomes abstract and loses contact with the ground; similarly, Zambotti, employing blur and motion, renders the contours of reality indefinite, welcoming the visitor into an "other world." Thus, a landscape without reference points is defined, a place that is not as much real as it is mental, without land.
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