Volti

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Luigia Rinaldi
Luigia Rinaldi
Luigia Rinaldi
Curata da Edoardo Di Mauro
Curata da Edoardo Di Mauro
dal 17.05.2024 al 17.05.2024
dal 17.05.2024 al 17.05.2024
dal 17.05.2024 al 17.05.2024

La mostra si compone di due serie di ritratti dell’artista: nella prima, di datazione più recente, l’artista ha inserito in primo piano, memore di una precedente ricerca fotografica sul ritratto, immagini di personalità, note ed anonime, perseguitate per le loro idee e la lungimiranza sociale, culturale e politica, introducendo il tema dell’attualità, senza appiattirsi passivamente sul reale e sulla cronaca, donandocelo invece su di un piano simbolico. Nella seconda serie, risalente agli anni Dieci, l’artista ritrae pescatori e capperaie, figure che, poste dialogicamente con i ritratti politici, appaiono come anonimi della storia, volti destinati, scomparendo, all’oblio. La Rinaldi sottrae questi soggetti all’estinzione dalla memoria: non solo li ritrae, ma raccoglie le loro testimonianze, testi dove i soggetti raccontano la loro vita, o episodi di essa, in prima persona. La Rinaldi in sintonia con l’eclettismo stilistico che caratterizza la scena artistica contemporanea a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, trasferisce queste suggestioni nella dimensione della tela con una tecnica che riecheggia, aggiornato al presente, lo stile di due correnti del Novecento che seppero mediare tra figurazione ed astrazione, come i Fauves ed il Gruppo Cobra, creando delle vere e proprie pulsioni di colore acceso e primario. Il lavoro di Luigia Rinaldi è caratterizzato da una pittura di intensa espressività e ritmo tonale, dopo essere partita, negli anni Settanta, dalla sperimentazione fotografica, a sottolineare una volta di più il rapporto stretto, complice, e talvolta oppositivo tra due tecniche che nascono con l’obiettivo di rappresentare la realtà. In un’epoca di ridefinizione dei generi la pittura mantiene la sua centralità riuscendo, nei casi migliori, a rinnovarsi da un punto di vista iconografico, quindi conservando quella caratteristica che le è propria, implicita al concetto di “teknè”, di tirocinio artigianale visto in una dimensione di sublimazione dell’agire artistico, con modalità attente e riflessive, abbinando a questa antica vocazione la capacità di osservare con occhio partecipe e disincantato al tempo stesso l’esistente, decontestualizzandolo dalla sua effimera contingenza materiale per dargli forma nella dimensione del simbolo.

La mostra si compone di due serie di ritratti dell’artista: nella prima, di datazione più recente, l’artista ha inserito in primo piano, memore di una precedente ricerca fotografica sul ritratto, immagini di personalità, note ed anonime, perseguitate per le loro idee e la lungimiranza sociale, culturale e politica, introducendo il tema dell’attualità, senza appiattirsi passivamente sul reale e sulla cronaca, donandocelo invece su di un piano simbolico. Nella seconda serie, risalente agli anni Dieci, l’artista ritrae pescatori e capperaie, figure che, poste dialogicamente con i ritratti politici, appaiono come anonimi della storia, volti destinati, scomparendo, all’oblio. La Rinaldi sottrae questi soggetti all’estinzione dalla memoria: non solo li ritrae, ma raccoglie le loro testimonianze, testi dove i soggetti raccontano la loro vita, o episodi di essa, in prima persona. La Rinaldi in sintonia con l’eclettismo stilistico che caratterizza la scena artistica contemporanea a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, trasferisce queste suggestioni nella dimensione della tela con una tecnica che riecheggia, aggiornato al presente, lo stile di due correnti del Novecento che seppero mediare tra figurazione ed astrazione, come i Fauves ed il Gruppo Cobra, creando delle vere e proprie pulsioni di colore acceso e primario. Il lavoro di Luigia Rinaldi è caratterizzato da una pittura di intensa espressività e ritmo tonale, dopo essere partita, negli anni Settanta, dalla sperimentazione fotografica, a sottolineare una volta di più il rapporto stretto, complice, e talvolta oppositivo tra due tecniche che nascono con l’obiettivo di rappresentare la realtà. In un’epoca di ridefinizione dei generi la pittura mantiene la sua centralità riuscendo, nei casi migliori, a rinnovarsi da un punto di vista iconografico, quindi conservando quella caratteristica che le è propria, implicita al concetto di “teknè”, di tirocinio artigianale visto in una dimensione di sublimazione dell’agire artistico, con modalità attente e riflessive, abbinando a questa antica vocazione la capacità di osservare con occhio partecipe e disincantato al tempo stesso l’esistente, decontestualizzandolo dalla sua effimera contingenza materiale per dargli forma nella dimensione del simbolo.

The exhibition consists of two series of portraits by the artist: in the first, more recent series, the artist places in the foreground images of personalities, both renowned and anonymous, persecuted for their ideas and social, cultural, and political foresight. Drawing from previous photographic research on portraiture, the artist introduces the theme of contemporary issues, not by passively adhering to reality and current events, but by presenting them on a symbolic level. In the second series, dating back to the 2010s, the artist portrays fishermen and caper pickers, figures who, in dialogue with the political portraits, appear as the anonymous faces of history, destined to fade into oblivion. Rinaldi rescues these subjects from memory's extinction: not only does she portray them, but she also collects their testimonies, where subjects recount their lives or episodes from them in the first person. In tune with the stylistic eclecticism that has characterized the contemporary art scene since the mid-1980s, Rinaldi transfers these inspirations onto canvas with a technique reminiscent of two 20th-century movements that bridged figuration and abstraction—Fauvism and the CoBrA group—creating vibrant surges of bold, primary colors. Luigia Rinaldi’s work is distinguished by intensely expressive painting and tonal rhythm. Starting from photographic experimentation in the 1970s, her work emphasizes the close, sometimes oppositional relationship between two techniques born to represent reality. In an era of genre redefinition, painting retains its centrality, and at its best, renews itself iconographically while preserving its intrinsic “teknè”—the craftsmanship apprenticeship elevated to an artistic endeavor. With attentive and reflective methods, it pairs this ancient vocation with a keen, disenchanted gaze on existence, decontextualizing it from its ephemeral material contingency to give it symbolic form.

The exhibition consists of two series of portraits by the artist: in the first, more recent series, the artist places in the foreground images of personalities, both renowned and anonymous, persecuted for their ideas and social, cultural, and political foresight. Drawing from previous photographic research on portraiture, the artist introduces the theme of contemporary issues, not by passively adhering to reality and current events, but by presenting them on a symbolic level. In the second series, dating back to the 2010s, the artist portrays fishermen and caper pickers, figures who, in dialogue with the political portraits, appear as the anonymous faces of history, destined to fade into oblivion. Rinaldi rescues these subjects from memory's extinction: not only does she portray them, but she also collects their testimonies, where subjects recount their lives or episodes from them in the first person. In tune with the stylistic eclecticism that has characterized the contemporary art scene since the mid-1980s, Rinaldi transfers these inspirations onto canvas with a technique reminiscent of two 20th-century movements that bridged figuration and abstraction—Fauvism and the CoBrA group—creating vibrant surges of bold, primary colors. Luigia Rinaldi’s work is distinguished by intensely expressive painting and tonal rhythm. Starting from photographic experimentation in the 1970s, her work emphasizes the close, sometimes oppositional relationship between two techniques born to represent reality. In an era of genre redefinition, painting retains its centrality, and at its best, renews itself iconographically while preserving its intrinsic “teknè”—the craftsmanship apprenticeship elevated to an artistic endeavor. With attentive and reflective methods, it pairs this ancient vocation with a keen, disenchanted gaze on existence, decontextualizing it from its ephemeral material contingency to give it symbolic form.

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